È una storia che inizia nel 2003, quella che coinvolge Serena Grandi, ormai sessantenne icona sexy del cinema negli anni ‘80 e ’90. È il 19 novembre del 2003 quando la polizia arresta l’attrice nel suo appartamento ai Parioli. «Mi ritrovai davanti un tizio col giubbotto di pelle e l’aria truce», racconta Grandi, divenuta famosa anche grazie al cinema di Tinto Brass. Quel giorno la polizia cercava della cocaina, nell’ambito delle indagini su un presunto giro di prostitute russe e festini a luci rosse. L’attrice capisce la gravità della situazione solo quando il suo avvocato, civilista, le consiglia di affidarsi a un penalista. Iniziano da allora i 157 giorni che Serena Grandi passerà agli arresti domiciliari, mentre il proscioglimento arriverà solo sei anni dopo.
Secondo gli inquirenti, l’attrice avrebbe acquistato, detenuto e ceduto alcuni grammi di cocaina. Gli arresti domiciliari sono segnati da una forte depressione per Grandi, che riesce a confrontarsi con i suoi accusatori una sola volta dopo sua esplicita richiesta. Il caso si chiuderà nel 2009 col proscioglimento dell’attrice chiesto dalla stessa procura, che non riesce a supportare a sufficienza il quadro indiziario utile a emettere le misure cautelari.
Serena Grandi è stata recentemente ospite di Peter Gomez nella trasmissione “La Confessione”, in onda su Nove. «La droga? Sono le stronzate degli anni ’80, oggi non va nemmeno di moda – ha esordito l’attrice – Chi non ha fatto uso di cocaina?». Sul caso che l’ha coinvolta, Grandi si è detta convinta che la sua accusa fosse stata creata dalla necessità di trovare «un nome importante»: «Colpa delle chiacchiere e delle pacche sulle spalle – racconta Grandi – i finti amici mi hanno messa in mezzo». Della mattina dell’arresto ricorda ancora come gli agenti in borghese le sembrassero dei ladri. Alla richiesta degli inquirenti circa la droga che avrebbe dovuto tenere in casa, Grandi rispose di non averne, «ma se volete ho dei bei tortellini della Romagna».
Nel 2009, dopo che per l’attrice arrivò l’archiviazione, il suo avvocato chiese un risarcimento per ingiusta detenzione di 500mila euro che avrebbe dovuto coprire anche i danni morali e psicofisici. L’istanza sarà accolta nel 2011 dalla quarta sezione penale della Corte d’Appello di Roma, ma la cifra liquidata sarà di soli 60mila euro. Nella sentenza, tuttavia, i giudici ritennero «rilevanti i danni morali conseguenti all’ingiusta detenzione, avuto soprattutto riguardo all’assoluta incensuratezza di Serena Grandi e alla gravità delle accuse». Secondo i magistrati furono inoltre «altrettanto rilevanti i danni conseguiti alla lesione dell’immagine, anche per la notorietà acquisita dalla vicenda finita sugli organi di informazione».