Dopo tanti anni di processi, l’assoluzione di Mario Mori, accusato di aver favorito la latitanza di Bernardo Provenzano, è definitiva. La Cassazione, come avevano già stabilito le sentenze di assoluzione in primo grado e in appello, conferma che non c’è stata una “mancata cattura” del capo dei capi. Non c’è stato quindi secondo i giudici alcun favoreggiamento o complicità dell’ex generale dei carabinieri e dal colonnello Mario Obinu con il capo di Cosa nostra.
L’ipotesi dei pm della procura di Palermo in primo grado, Antonio Ingroia e Antonino Di Matteo, era che i due ufficiali dei carabinieri avessero lasciato libero il boss in base agli accordi stretti nell’ambito della cosiddetta “trattativa” tra uomini dello stato e della mafia. Era la ricompensa prevista dal “patto scellerato” nei confronti del boss che avrebbe favorito la cattura di Totò Riina per prendere il controllo di Cosa nostra e mettere fine alla stagione stragista culminata con gli attentati di Capaci e via D’Amelio.
L’assoluzione definitiva, la seconda dopo quella nel processo sul covo di Riina, avrà però un effetto a cascata sul processo dei processi, quello sulla Trattativa, in cui gli imputati, tra cui lo stesso Mori, sono accusati di concorso esterno in associazione mafiosa e violenza o minaccia a corpo politico dello Stato. Ma anche in questo processo Calogero Mannino, l’unico tra gli imputati che aveva scelto il rito abbreviato, è stato già assolto. Se come dice Scarpinato “c’è un filo rosso che attraversa tutte le vicende di cui il generale Mori si è reso protagonista”, questo filo è quello delle assoluzioni.
Sul quotidiano Il Foglio tutti i dettagli sull’assoluzione di Mori.