«Dalla lettura delle motivazioni per spiegare l’arresto di Marcello Pittella, espresse in conferenza stampa dal gip di Matera, ho ricavato un senso di stupore e forte perplessità». Lo dichiara Gennaro Migliore, capogruppo del Pd in commissione Affari costituzionali alla Camera e già sottosegretario alla Giustizia. «L’esigenza cautelare viene motivata per “il concreto pericolo di reiterazione” dei reati di abuso d’ufficio e falso, “solo che si consideri che negli ultimi giorni ha manifestato la volontà di ricandidarsi a governatore della regione Basilicata” e aggiunge “in questo modo continuerà a favorire i suoi accoliti per un vantaggio di tipo elettorale“. In questa sede non è certo compito mio quello di valutare la fondatezza di un’indagine, che – spiega il deputato dem – peraltro dura da più di un anno, rispetto alla quale è giusto che la magistratura faccia pienamente il suo corso e si esprima attraverso le sentenze. Piuttosto trovo sinceramente singolare che la principale, se non unica, motivazione per l’arresto sia che un cittadino, che oggi è presidente in carica della Basilicata, manifesti la sua volontà di ricandidarsi».
«Si inverte qui un tema, da me sempre fortemente contestato quando ne facevano riferimento altri esponenti politici, la sensazione cioè che le scelte giudiziarie possano essere condizionate e a sua volta condizionare, comunque intrecciarsi con le vicende di carattere elettorale. Trovo che il richiamo all’appuntamento elettorale sia stato involontariamente inopportuno: cosa vuol dire?», si chiede Migliore, che aggiunge: «Forse che se Marcello Pittella non si fosse ricandidato non avrebbe rischiato l’arresto? Le esigenze cautelari per un presunto reato possono essere motivate dalla partecipazione a un appuntamento elettorale? I criteri per i quali un cittadino possa o meno candidarsi sono stabiliti per legge, per altro molto restrittiva come la Severino, così come è responsabilità del partito che candida verificare quali siano le possibili incompatibilità politiche. Ricordo per esempio il caso del collega senatore Salvatore Margiotta, la cui lunga vicenda giudiziaria, fortemente enfatizzata nella prima fase, è stata poi quasi completamente dimenticata quando lo stesso fu dichiarato assolto». «La magistratura faccia il suo corso, ma – conclude Migliore – ciò non toglie che debba sempre avvenire senza che vi sia alcun timore per i cittadini imputati sulla effettiva imparzialità delle decisioni assunte, in particolare quando queste hanno a che fare con la libertà personale».