Lui, l’uomo delle emergenze, colui che accorreva dove c’era pericolo e risolveva i problemi, ha dovuto convivere per otto anni con l’accusa di essere un corrotto, uno che favoriva gli amici imprenditori negli appalti, talvolta anche solo per un massaggio a luci rosse.
Nulla di tutto ciò è mai accaduto. Solo fango. Un calvario contro il quale Guido Bertolaso, un medico prima di essere funzionario di Stato, ha combattuto per la sua dignità e per quella della Protezione civile che ha guidato tanti anni e che dopo di lui non è stata più la stessa.
Fino a ieri, quando il Tribunale di Roma lo ha completamente riabilitato assolvendolo con formula piena, «perché il fatto non sussiste», nonostante la Procura di Roma avesse sollecitato la richiesta di prescrizione.
«Questo vale come una doppia assoluzione – ha commentato su Facebook – grazie alla mia famiglia e a chi mi è stato vicino in questi anni. Sono innocente, come ho sempre detto. Ora lo hanno dichiarato anche i giudici». L’ex capo della Protezione civile, dunque, non faceva parte della cosiddetta «cricca», per usare le parole del gip Rosario Lupo, composta da un gruppo di imprenditori e pezzi delle istituzioni, che operava «in un sistema gelatinoso» ed era capace di condizionare i maggiori appalti degli ultimi anni, dai Mondiali di nuoto a Roma del 2009 al G8 della Maddalena (poi trasferito a L’Aquila), fino alle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia.
La seconda assoluzione per lui, dopo quella per l’accusa di omicidio colposo nel processo Grandi Rischi bis per il terremoto del 2009. Bertolaso l’ha festeggiata creando un gruppo WhatsApp chiamato «assolto», che ieri in poche ore ha raccolto centinaia di messaggi, congratulazioni e attestati di stima da parte di amici, parenti e collaboratori. «Questa assoluzione certifica che questo processo non doveva neanche cominciare, resta il rammarico che si sono dovuti attendere otto lunghi anni nel corso dei quali si è messa fuori campo una persona che certamente costituisce una risorsa per il Paese», ha commentato il suo avvocato, Filippo Dinacci.
Ne parla oggi, tra gli altri, Il Giornale.