Era il 27 ottobre 1993 quando venne arrestato e trasferito nel carcere di Poggioreale, a Napoli. Sedici giorni di detenzione, più altri 112 giorni agli arresti domiciliari. L’uomo, accusato ingiustamente e poi assolto, era Vito Gamberale, allora amministratore delegato della Sip.
L’accusa della procura di Napoli era di concorso in tentata concussione. Alla base dell’inchiesta, condotta dai magistrati del pool napoletano di Mani Pulite Rosario Cantelmo, Nicola Quatrano e Manuela Mazzi, vi era un episodio ben preciso: una piccola società fornitrice della Sip, la Ipm, non avrebbe assunto quattro persone raccomandate dal vice segretario del Psi, Giulio Di Donato. Vito Gamberale, vicino al partito del parlamentare, avrebbe di conseguenza tagliato drasticamente le commesse nei confronti della Ipm.
L’inchiesta, però, presentava tanti elementi di ambiguità. Intanto, non si capisce che bisogno aveva Gamberale di chiedere alla piccola Ipm l’assunzione di quattro tecnici raccomandati quando la Sip assumeva in media 2.300 persone all’anno. E poi: l’interrogatorio al titolare dell’Ipm, Paolo De Feo, che accusava Gamberale si tenne alle 22 del 27 ottobre. Cioè un’ora dopo l’arresto del manager Sip, che è dunque finito in carcere sulla base di dichiarazioni che ancora dovevano essere rese. Infine un altro testimone a carico di Gamberale ammise di aver dichiarato il falso, pur di ottenere la libertà.
Vito Gamberale aveva il sospetto di essere vittima di una macchinazione e per questo il 3 gennaio 1994 scrisse al presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, chiedendo un’ispezione ministeriale perché il procedimento contro di lui era “viziato da un pregiudizio da parte del Pm e del Gip”. Di fronte alla lettera, il Capo dello Stato dichiarò pubblicamente che “purtroppo più che di giustizia, si ha la sensazione di un arbitrio!”.
Dubbi fondati: Vito Gamberale viene assolto il 18 luglio 1996. Dopo otto ore di camera di consiglio, i giudici scagionano sia lui sia l’altro imputato Giulio Di Donato. Il pm Pio Avecone aveva chiesto una condanna a 2 anni e 2 mesi. Abbracciando il suo avvocato, Gamberale scoppia in un pianto liberatorio. Poi commenta: ”È stata una giornata di giustizia, la offro a mia figlia, alla mia famiglia, alle istituzioni, prima di tutto al presidente della Repubblica; la offro al mio gruppo che mi ha sempre sostenuto e dato fiducia, e al popolo italiano, perché possa avere fiducia nella giustizia, ma possa combattere per evitare l’ingiustizia”.
Il 22 novembre 2001, a otto anni dal suo arresto, la Corte d’appello di Napoli ha emesso un’ordinanza di riparazione per ingiusta detenzione nei confronti di Vito Gamberale. L’importo è di 290 milioni di lire, a indennizzo dei 14 giorni trascorsi in carcere e degli altri 112 giorni passati agli arresti domiciliari.