Alluvione Genova, confermata condanna per Marta Vincenzi. Ma è veramente colpa della politica?

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Marta Vincenzi

 

È stata confermata in appello la condanna nei confronti dell’ex sindaca di Genova, Marta Vincenzi, all’interno del processo che la vedeva imputata per disastro, omicidio colposo e falso per l’alluvione di Genova del novembre 2011 in cui morirono sei persone. I giudici hanno infatti accolto la richiesta del Procuratore generale di lasciare immutata la pronuncia emessa in primo grado.

Secondo i magistrati, Vincenzi è responsabile della morte delle sei persone. Oltre alle accuse di disastro e omicidio colposo plurimo, c’è anche quella di falso, mossa nei confronti dell’ex sindaco perché avrebbe falsificato gli atti sulla ricostruzione dell’evento, con l’intento di far apparire imprevedibile la piena che si rivelò fatale.

“Bisogna evitare che un momento di impegno politico così importante, come quello di guidare una amministrazione locale, venga caricato di così tante responsabilità mal gestite, da rendere difficile fare questo mestiere”, si è sfogata l’ex sindaca all’indomani della sentenza.

Sono in molti a esprimere dubbi sulla sentenza di condanna. Tra questi il quotidiano Il Foglio, che scrive: “È stata una tragedia gravissima, ma perché è diventata un omicidio di cui considerare colpevoli la prima cittadina e alcuni assessori e funzionari? Potevano, anzi dovevano prevedere quel che sarebbe successo? Questo è il parere della magistratura che però sembra fondato sul solito pregiudizio che cerca sempre di addossare la responsabilità a chi ricopre cariche politiche. Si arriva al ‘piove sindaco assassino’”.

“Si tratta di un’enormità che dovrebbe sollevare critiche e indignazione – prosegue Il Foglio – Ma nessuno se ne cura, segno che ormai il paradigma giustizialista è diventato senso comune, anche se contrario al buon senso. Resta solo da sperare che la Cassazione cancelli questa sentenza ricordando che la responsabilità penale è personale e che per essere condannati per omicidio bisogna essere davvero personalmente responsabili, e non soltanto simboli politici”.