Ha trascorso quattro anni e sette mesi in carcere con l’accusa di essere un mafioso, subendo il sequestro e poi la confisca della propria azienda. Alla fine di questo calvario è stato assolto e ora l’erario (lo “Stato”) gli chiede di restituire 3 milioni di euro di debiti maturati dall’azienda durante l’amministrazione giudiziaria, col rischio concreto di fallire definitivamente.
È l’incredibile storia che ha travolto l’imprenditore trapanese Enzo Mannina, finito nel tritacarne mediatico-giudiziario dell’antimafia siciliana, quella che dietro il totem della lotta alle cosche non esita a lasciare a terra, esanimi, piccoli, medi e grandi imprenditori che con coraggio provano a creare lavoro in una delle regioni con la più alta disoccupazione in Europa.
A raccontare la storia è il Foglio, che ha ricostruito l’incredibile calvario giudiziario subito da Mannina, durato ben dieci anni. Nel 2008 Mannina viene condannato con rito abbreviato dal gup di Palermo a 6 anni e 8 mesi di reclusione. Nel 2010 i giudici della Corte d’appello di Palermo confermano la sentenza, riducendola a 6 anni e 3 mesi. Un anno dopo il colpo di scena: la Cassazione, su richiesta dello stesso procuratore generale, annulla con rinvio la condanna, che però viene confermata successivamente da una nuova Corte d’appello (che riduce di nuovo la pena a 6 anni). Nel 2015 il nuovo stop della Cassazione che, ancora su richiesta del procuratore generale, annulla la condanna con rinvio chiedendo di declassare il capo di imputazione da associazione di stampo mafioso a concorso esterno. Lo scorso dicembre una nuova Corte d’appello di Palermo ha assolto “perché il fatto non sussiste” Mannina, che però nel frattempo ha trascorso quattro anni e sette mesi in carcere in regime di custodia cautelare.
Nel giugno scorso la Corte d’appello di Palermo ha decretato la revoca della misura di sorveglianza, della confisca e del sequestro di tutte le quote sociali dell’azienda di Mannina (la Mannina Vito S.p.a.), in quanto “le uniche ragioni che hanno portato all’adozione della confisca si sono rivelate non suffragate da elementi indiziari datati di obiettiva consistenza”. Ora però, oltre al danno di aver trascorso più di quattro anni in carcere ed essersi visto sottrarre per tutto questo tempo la propria azienda, la beffa: Riscossione Sicilia, la società che si occupa della riscossione dei tributi nell’Isola, ha notificato a Mannina una comunicazione preventiva di ipoteca per un debito di oltre 3 milioni di euro, accumulato con l’erario durante l’amministrazione giudiziaria della sua azienda. Circa 1 milione e 400 mila euro di debito riguarda il finanziamento di un progetto poi revocato alla società a seguito dell’informativa antimafia. L’indebitamento pone definitivamente a rischio la stabilità della società e dei suoi circa 35 dipendenti, con il gruppo ora costretto pure a proporre una dilazione del pagamento. Insomma, secondo i giudici i pm hanno sbagliato a perseguire per dieci anni l’imprenditore e ora lo Stato chiede i danni, ma non ai magistrati, bensì all’imprenditore stesso.