Armando Chiaro era uno dei coordinatori del Pdl campano. Ha scontato sei anni e mezzo di reclusione per un reato che non ha mai commesso. Ora, dopo essere stato condannato in primo e in secondo grado, la Corte di Cassazione lo ha assolto definitivamente, facendo crollare l’impianto accusatorio avanzato nei suoi confronti.
Nel 2011 il centrodestra campano aveva incassato diverse vittorie sul territorio, e la suggestione data da stampa e media era che questi ottimi risultati fossero passati da un patto fra il Pdl e la camorra. Un pensiero condiviso anche dalle procure, che spesso e volentieri tramutarono in atti queste serpeggianti ipotesi.
Il 3 maggio del 2011, 38 persone furono arrestate su richiesta della procura di Napoli, con l’accusa di essere coinvolte negli affari della cosca di Peppe Polverino, conosciuto negli ambienti mafiosi come “o barone”, per via dei suoi atteggiamenti aristocratici. I reati contestati andavano dall’associazione a delinquere di stampo mafioso ai tentati omicidi, estorsioni, usura, traffico e spaccio di droga, trasferimento fraudolento e possesso ingiustificato di valori, riciclaggio di capitali di provenienza illecita.
Fra le persone coinvolte nell’inchiesta c’era anche Armando Chiaro, allora consigliere comunale uscente e alla guida del Pdl per Marano e i comuni confinanti. Nelle intercettazioni in mano agli inquirenti, i soprannomi riferiti a Chiaro sarebbero state quelli di «onorevole» o di «assessore Mesillo», dal nome del politico corrotto personaggio del film “Il Camorrista” di Giuseppe Tornatore.
Tra le intercettazioni che avevano portato la procura a includere Armando Chiaro fra gli indagati, ci sarebbero state delle telefonate fra l’ex dirigente e Luigi Cesaro, allora presidente della Provincia di Napoli. Il contenuto di queste intercettazioni, tuttavia, rivelava che fra i due vi era semplicemente uno scambio finalizzato all’attuazione di normalissime strategie politiche per le elezioni amministrative. Quelle che insomma a tutti sembrerebbero normali conversazioni fra colleghi di partito, agli occhi degli inquirenti apparvero come materiale scottante, utile, sempre secondo i magistrati, a dimostrare la colpevolezza di un sistema malato.
Dopo sette anni, la pronuncia finale: Armando Chiaro è innocente. Questi anni, tuttavia, l’ex consigliere comunale li ha trascorsi agli arresti, tra carcere e domiciliari. Secondo i giudici della Suprema Corte, Chiaro è innocente e vanno dissequestrati i suoi beni, oltre che cancellata la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici.
Nonostante fosse già in carcere, Chiaro nel 2011 ottenne 385 preferenze, risultando così eletto in consiglio comunale di Marano. La campagna elettorale aveva visto campeggiare i manifesti in sua difesa per tutta Marano, affissi dai molti amici e sostenitori. La sua elezione fu tuttavia annullata e il suo seggio rimpiazzato.