Assolto dall’accusa di lesioni aggravate durante una manifestazione

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L’artificiere Massimo Addario, 49 anni, è stato assolto dall’accusa di lesioni aggravate a danno della manifestante Deborah Angrisani in merito ai fatti accaduti il 12 aprile 2014.

In occasione di una manifestazione contro la precarietà e l’austerity avvenuta quel giorno, la tensione sfociò subito in scontri davanti al ministero del Lavoro, in via Veneto, tra i manifestanti e le forze dell’ordine. Durante il corteo molte persone rimasero colluse e, nella fattispecie, la giovane Deborah Angrisiani, rimasta a terra. Una foto infatti ha ritratto la donna caduta mentre rimaneva calpestata da uno scarpone di un’agente (che sarà successivamente identificato come Addario), mentre un altro ragazzo caduto a terra accanto tentava di proteggerla.

Nel concitamento degli scontri, l’agente disse successivamente di non aver compreso la situazione. «Non mi sono accorto di aver calpestato una ragazza. Pensavo fosse uno zainetto», ha dichiarato dopo l’incidente. Tuttavia all’epoca l’allora capo della polizia Alessandro Pansa aveva definito il comportamento del poliziotto «cretino», con il Corriere della Sera che parlava di «immagini chiare» che mostravano «il poliziotto Massimiliano Addario mentre calpesta una dimostrante» con lo «scarpone destro piantato sullo stomaco di una manifestante, appena caduta in terra, che subito si contorce per il dolore».

L’esito del processo ha ribadito invece come il «fatto non sussiste», e per tanto come non sia stato volontario e non ci sia stato abuso di potere, in linea con quanto deciso dal gip di allora, Paola Della Monica, nel 2014, quando fu respinta la richiesta del pm Eugenio Albamomonte di sospendere l’artificiere dal servizio, spiegando come l’agente potesse essersi confuso nella concitazione degli scontri. Nell’articolo del 7 giugno 2015 il Corriere riportava inoltre le affermazioni di Della Monica, il quale sosteneva come «prima di imbattersi nella vittima, si accorge della presenza a terra di un altro corpo e lo schiva. Il gesto precede di pochi attimi il comportamento censurato. Quindi identico doveva essere lo stato d’animo».

Tuttavia ora, assolvendolo dalla richiesta di condanna a 5 mesi di reclusione, «è stato dimostrato che l’attività compiuta dal mio assistito è stata legittima», come sostiene l’avvocato Eugenio Pini, legale di Addario, il quale ha dimostrato inoltre, con la sua consulenza, «che la ragazza non ha riportato lesioni».