Nave Diciotti, tutti i dubbi sull’indagine contro Salvini

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Il procuratore capo di Agrigento, Luigi  Patronaggio, ha iscritto nel registro degli indagati il ministro dell’Interno Matteo Salvini con l’accusa di arresto illegale, sequestro di persona e abuso d’ufficio in relazione al ritardato sbarco della nave Diciotti con a bordo 177 migranti. Accuse che non sembrano reggere più di tanto sul piano giuridico, come ha spiegato con un editoriale sul Messaggero l’ex magistrato Carlo Nordio, già procuratore aggiunto a Venezia, noto per le sue indagini sulle Brigate Rosse venete e sui sequestri di persona e poi in epoca di Tangentopoli sulle cooperative rosse.

“La prima osservazione – scrive l’ex magistrato sul Messaggero – è che questi verbali dovrebbero esser segreti, come segreta dovrebbe esser tutta l’indagine”. Ma passiamo oltre. E entriamo nel merito della accuse rivolte a Salvini.

Secondo quanto emerso in queste ore, pare che la decisione di non far sbarcare i migranti sia arrivata da Salvini tramite telefono. Dunque mancherebbe un atto formale e scritto. “In assenza di un documento ufficiale – spiega allora Nordio – è quasi impossibile ricostruire la decisione ministeriale, il suo contenuto e il suo iter formativo. Poi è difficile capire se il porto di Catania sia stato individuato come porto di solo transito, o come porto sicuro, o cosa altro”.

Sui reati contestati: “L’arresto illegale – scrive Nordio – presuppone, appunto, un arresto in senso tecnico, e qui pare invece che non sia stato arrestato nessuno”. Dunque, “smontata” la prima ipotesi di reato. Sul sequestro di persona, invece, l’ex magistrato dice che “se Catania era solo un porto di transito, il problema ovviamente non si pone. Se invece era quello di approdo, è valutazione discrezionale del Ministro decidere se uno sbarco sia compatibile con l’ordine pubblico”. Ecco perché per Nordio contestare al capo del Viminale il sequestro di persona è “un paradosso”.

Infine rimane l’abuso di ufficio. Ipotesi di reato che Nordio definisce “rete di protezione per eventuali derubricazioni delle ipotesi precedenti”. “Ma – spiega l’ex magistrato – è un reato così vago e fumoso che è ben difficile provarne la commissione, soprattutto in un’attività altamente discrezionale”.

Ma non è solo una questione giuridica. Per Nordio qui occorre valutare anche un “aspetto politico”. L’ex magistrato critica Salvini per i “termini pittoreschi” che usa, ma l’ipotesi che debba dimettersi per l’iscrizione nel registro degli indagati è una “stupidaggine colossale”. Il motivo? “Poiché infatti l’iscrizione è automatica a seguito di una denuncia che non sia anonima – spiega Nordio – noi faremmo dipendere la sopravvivenza di un ministro, e magari di un governo e di una legislatura, non solo da un’eventuale iniziativa improvvida di un magistrato operoso, ma addirittura da quella, interessata, di un cittadino motivato”.

Ecco perché “l’idea che le Procure possano intervenire nelle scelte migratorie è non solo bizzarra, ma irrazionale e ingestibile”. Il motivo? Un politico può essere “sanzionato”, se sbaglia le scelte fatte, dal suo elettorato. Nessuno, invece, può intervenire sui pm che “non subiscono alcuna sanzione per eventuali scelte sbagliate”.